Ansia a lavoro

Imparare a gestire l’ansia a lavoro alimentando la propria confidenza professionale

L’ansia e la paura sono dei profondi deterrenti che frenano l’espressione del nostro potenziale e possono arrivare a rovinarci la vita, oltre che abbattere il nostro livello di performance professionale. Meglio sviluppare una sana confidenza, specie a lavoro, che ci metta nelle condizioni di esprimere il meglio di noi. Come? Ecco qualche suggerimento…

 

Nel mondo del lavoro e del business non è facile avere a che fare con un contesto VUCA, ovvero volatile, incerto, complesso e ambiguo. Il 2021, per chi non se ne fosse accorto, ha rimarcato questa difficoltà un pò a tutti. E questa situazione ci genera stress, è chiaro. Perché l’incertezza è un terreno fertile per le nostre paure, e spesso la paura fa rispondere un professionista in modo irrazionale e inefficace.

Questo può generare anche delle previsioni piuttosto preoccupanti: per esempio, secondo la World Health Organization, la depressione sarà tra il problema di salute più frequente entro il 2030. Il ma non ci disperiamo, c’è ancora tempo per prendere delle precauzioni contro questo scenario piuttosto grigio, specie se saremo in grado di creare degli ambienti di lavoro che limitano questo stress, questa ansia da prestazione, e cercano invece di coltivare una sana “confidenza” da parte dei lavoratori verso il proprio mestiere. 

Per confidenza qui intendo la capacità di riconoscere l’insicurezza rispetto alle proprie capacità, e la capacità di gestire questa insicurezza in modo abile e costruttivo, senza lasciarsi, invece, governare dall’insicurezza.

Tra l’altro, secondo una ricerca della Georgetown University, infatti, i professionisti con più confidenza a lavoro hanno il 17% in più di probabilità di essere innovativi, il 24% in più di superare positivamente gli ostacoli che incontrano a lavoro e il 16% in più di seguire meglio le proprie attività, garantendo maggiore qualità.

Sfortunatamente, secondo alcuni studi, almeno il 50% dei professionisti pensa che potrebbe performare meglio se fosse meno preoccupato di fare degli errori; il 24% di questi dipendenti spende un ammontare di tempo significativo preoccupandosi della propria performance; e il 18% ha queste preoccupazioni costantemente.

Ecco perché oggi, sia le organizzazioni che i professionisti, hanno bisogno di sviluppare la giusta confidenza per far fronte proprio a questi contesti di business sempre più incerti. Come?

Per arrivarci, dobbiamo spendere due parole cui meccanismi che fanno scaturire le nostre ansie e paure.

Ansia a lavoroDobbiamo partire accennando al talamo, ovvero quella parte del cervello dove arrivano le informazioni sensoriali: cosa sento, ascolto, vedo. Il talamo poi smista queste informazioni in molte altre parti del cervello, incluso l’amigdala (che gestisce le emozioni) e la corteccia prefrontale (che definisce la guida dei nostri pensieri e delle azioni in accordo con i nostri obiettivi).

Ora, volendola fare facile, il modo in cui noi processiamo la realtà che ci circonda, può seguire due strade diverse, una più diretta, e l’altra più “ragionata”.

La strada diretta fa sì che le informazioni sensoriali vengano inviate dal talamo all’amigdala, saltando la corteccia prefrontale. Questo accada quando c’è bisogno di una risposta immediata: ho appena visto un leone. L’attivazione emotiva sarà istantanea, così come il carico emotivo sarà pesante. Il rilascio di cortisone aumenta il livello di zucchero nel sangue, mentre adrenalina ci dà energia per fuggire. Badate bene, le informazioni sensoriali arrivano anche alla corteccia prefrontale, ma solo dopo che abbiamo già risposto a quello stimolo. E quando è l’amigdala a generare la risposta comportamentale, questa è del tipo: combatti, o scappa, o immobilizzati.

La strada più “ragionata”, invece, passa per la corteccia prefrontale prima che dall’amigdala. Ma questo non vuol dire che non proveremo ansia. Per esempio, un evento esterno potrebbe non essere stato interpretato pericoloso dall’amigdala, ma la corteccia prefrontale, in base alle proprie esperienze passate, potrebbe interpretare i dati in modo preoccupante, dando dei segnali allarmanti all’amigdala in modo che questa attiva un risposta ansiosa. Oppure, il mondo esterno non centra niente e la nostra paura può dipendere con da qualcosa che vediamo o ascoltiamo intorno a noi, ma dai nostri pensieri. Per esempio, iniziamo a rimuginare su qualcosa, ingigantendone gli effetti negativi, oppure inizio a immaginare scenari pessimisti, visualizzando tutte le conseguenze negative che dovrò sopportare.

Insomma, sviluppare confidenza vuol dire anche riconoscere questi meccanismi, e comprendere che questo stress non è sempre necessariamente negativo, anzi, lo stress è addirittura indispensabile per performance bene, finché non supera certi livelli, oltre ai quali si trasformerà in ansia o paura e ci impedirà di performance al meglio, perché in un certo modo sarà l’ansia il ”decision maker” rispetto a ciò che facciamo, non più noi. In queste situazioni, siamo come “commissariati” dalle nostre stesse emozioni!

E questi diversi livelli di stress li posso riscontrare nel corpo, nella mente e nei comportamenti.

Nel corpo, posso percepire dei battiti del cuore funzionali e un pò accelerati o delle palpitazioni furiose, posso arrossire o posso essere inondato da una forte sudorazione, e così via, passando per mascelle che si serrano, mani fredde e balbuzie. Nella mente, possono affacciarsi delle preoccupazioni costruttive o dei pensieri completamente irrazionali e irrealistici, l’io attivista può iniziare a suggerirmi un piano di lavoro, o la voce può essere presa dall’io critico che inizia il lungo elenco di tutti i motivi per i quali certamente fallirò. E anche i comportamenti, possono essere di ingaggio e determinazione o, come dicevamo, del tipo combatti, o scappa, o immobilizzati.

Fatte queste premesse e tornando alla domanda, come si può allora sviluppare una solida confidenza nel proprio lavoro e nella vita in generale?

Possiamo certamente allenarci, usando la teoria della flessibilità emotiva, che viene dalla psicologia cognitiva e suggerisce 6 possibili tecniche.

  • La prima tecnica ha a che fare con la propria mission e i propri valori: avere una forte direzione, sia professionale che di vita, avere un motivo forte che al mattino ci fa alzare dal letto, avere consapevolezza di cosa è veramente importante per me al di la delle urgenze quotidiane, può aiutaci a mantenere la rotta verso gli obiettivi di lungo periodo, anche quando affrontiamo dei momenti di stress. E non sto parlando di fuffa: mettere per iscritto quelli che sono i propri obiettivi, per esempio gli obiettivi di apprendimento dell’anno in corso, e mettere per iscritto il perché sono importanti, è qualcosa di estremamente pragmatico se metto di fronte ai miei occhi questa lista ogni mattina.
  • Altra tecnica consiste nel far entrare nelle proprie abitudini alcune pratiche di rilassamento, anche per solo alcuni minuti al giorno, nei quali praticare, per esempio, la respirazione di diaframma, ascoltò musica piacevole o mi do alla meditazione o a qualche visualizzazione guidata. Questo minimo e sforzo quotidiano può allenarti a padroneggiare meglio la tua mente.
  • Terzo suggerimento: praticare l’arte dell’“accettazione”, che vuol dire porsi di fronte ad una nuova sfida che può generare stress, osservando cosa ci accade di fronte a questa nuova situazione da affrontare, senza giudizi ma soltanto registrando il flusso di pensieri ed emozioni che ci attraversa e pretendono nota mentalmente. Questo esercizio ci aiuterà a riconoscere le nostre paure, ad osservarne le sfaccettature, riducendo il loro impatto negativo che spesso ci spingerebbe ad evitare nuove sfide per la paura di fallire.
  • La quarta tecnica ha a che fare con il “disinnesco” degli elementi ricorrenti che ci generano ansia. Tutto sta nell’assumere consapevolezza rispetto a quelli che sono gli elementi che in genere ci spaventano o ci fanno finire in uno stato di “sequestro” emotivo, come per esempio il proprio responsabile che si arrabbia, la lamentazione di un collega o un cliente insoddisfatto. Praticare la tecnica del disinnesco vuol dire riconoscere queste situazioni e tenerle a distanza, sotto controllo. Questo non vuol dire evitarle, non vuol dire evitare il collega, ma piuttosto riconoscere che sono solo delle situazioni particolari esterne, non sono dentro di me, e quindi posso maneggiarle in modo appropriato restando calmo e comportandomi nel modo già conveniente.
  • Altra tecnica è la “contestualizzazione”, che come dice il nome, consiste semplicemente nell’abilità di guardare alle nuove sfide con la capacità di fare uno zoom-out e guardarle in prospettiva, collocandole in uno spazio temporale più ampio. Ronald Heifetz, un formatore, descrive questa tecnica come la capacità di stare sulla pista da ballo e affacciato sugli spalti a guardare allo stesso tempo. Sta per finire l’anno e ancora mi manca il 30% di fatturato? Ok, ma negli ultimi 10 anni ho sempre raggiunto i miei obiettivi di vendita. Oggi sto avendo delle difficoltà professionali? Ok, ma fammi pensare da dove sono partito e tutto quello che ho costruito da allora.
  • Ultima tecnica: costruirsi un piano di azione puntuale per il cambiamento, che faccia leva sulle abitudini. Bastano una o due regole da applicare quotidianamente per sviluppare confidenza attraverso la pratica di alcuni comportamenti funzionali: per esempio, vado a correre almeno due volte a settimana, pioggia o sole, nessun compromesso; oppure, mi sveglio 20 minuti prima per iniziare la giornata dalla cose importanti e non urgenti.

Quindi, ricapitolando, 6 tecniche che possono aiutarci a sviluppare una solida confidenza nel proprio lavoro e nella vita in generale hanno a che fare con la chiarezza sui propri obiettivi di lungo periodo e sui valori, con la capacità di rilassarsi, con l’accettazione, il disinnesco, la contestualizzazione e il proprio piano di azione.

E se adesso proviamo a mettere tutto insieme, cercando di individuare un possibile “processo” che possiamo seguire per sviluppare una migliore flessibilità emotiva e confidenza? Di fronte a qualsiasi sfida, quali sono i possibili passi che posso compiere per affrontarla al meglio, senza essere controllato dalle mie ansie e paure, ma andando nella direzione che voglio? Il sei mosse, posso partire dai miei valori, dai miei obiettivi, da ciò che per me ha un senso. Da lì, il secondo passo è la convinzione che i miei pensieri non sono me, ma sono solo una parte di me, delle voci che mi attraversano e delle quali posso osservarne il passaggio. Il terzo passo, infatti, è l’osservazione di quanto sta succedendo dentro di me in termini di pensieri ed emozioni. A questo punto viene l’accettazione, e quindi posso dare il benvenuto a questi pensieri ed emozioni, anche se sono dolorosi, ma accetto che hanno tutto il diritto di esistere dentro di me, anche se non sono me. Il quinto passo è, infatti, quello di raggiungere una piena consapevolezza del mio mondo interno. Infine, sono pronto a lasciarmi coinvolgere da ciò che per me è più importante, ma sarò io a decidere ed agire, con tutto me stesso, non solo con quelle parti di me deterrenti.

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